
Bitcoin ha spianato la strada a una nuova asset class, quella delle criptovalute, che negli ultimi anni ha prodotto un certo numero di miliardari, ritrovatisi in un batter di ciglia seduti su una montagna d’oro.
Tanto (forse troppo) è stato scritto su Bitcoin, spesso a sproposito e utilizzando parole a dir poco fuorvianti. In questo articolo vedremo se la nuova valuta digitale può essere davvero considerata il nuovo oro digitale, come sbandierato da molti.
Iniziamo col dire che nella frase precedente ci sono almeno due errori madornali, ai limiti della mala fede, per quanto superficiali e di parte.
Il primo errore
Per prima cosa, Bitcoin, come le altre criptovalute, non può essere definito una valuta. La distinzione tra moneta e valuta può sembrare questione di lana caprina, ma nell’uso di determinate parole si potrebbe nascondere (usiamo il condizionale solo per motivi legali) il tentativo di far passare una cosa per un’altra, costruendo un’aura di fiducia e affidabilità ingiustificata. In breve, una moneta è qualsiasi cosa abbia un valore e possa essere scambiata, con l’accordo tra le parti. Appare subito evidente come il concetto di moneta sia piuttosto ampio, includendo Euro, oro, Bitcoin, ma anche sigarette nelle carceri, o fiches nei casinò.
La valuta, però, è ben altra cosa. Intanto deve avere corso legale, ovvero deve essere ufficialmente riconosciuto come strumento per saldare debiti e tasse e deve essere obbligatoriamente accettata nei pagamenti. Ripetiamo: una valuta deve essere accettata. Se entro in un bar italiano per prendere un cappuccino e un cornetto, può anche darsi che il barista decida di accettare una mia offerta in vecchi gettoni telefonici, conchiglie o biglie colorate, ma è obbligato per legge ad accettare un mio pagamento in Euro. Se ho in tasca degli Euro, sono sicuro che potrò comprare beni di pari valore, in quanto valuta a corso legale. Se ho nel mio wallet dei Bitcoin, posso solo sperare che qualcuno li accetti, ma non posso costringere nessuno a farlo.
Altra enorme differenza tra moneta e valuta è che la valuta si basa su stabilità e fiducia. Questo aspetto è strettamente legato alla presenza di un’autorità, solitamente una banca centrale, che opera in modo da mantenere la valuta stabile e “credibile” agli occhi degli utenti. Nel caso di Bitcoin, tutta la “credibilità” è riconducibile alla controparte, ovvero a quanto ti fidi del fatto che domani ci sarà ancora qualcuno disposto ad accettare i tuoi Bitcoin. Non ci sono garanti, nel bene, ma soprattutto nel male. La possibilità delle banche centrali di incidere direttamente sul valore delle valute e sulla loro circolazione, vista come un abuso dittatoriale da alcuni criptofondamentalisti, ha in realtà più volte salvato economie regionali e, di conseguenza, l’economia mondiale, nei momenti di maggiore crisi.
Il secondo errore
Stabilito che Bitcoin non è una valuta, vediamo perché non si può nemmeno definire il nuovo oro digitale. In termini puramente formali, oro e Bitcoin sono molto simili. In senso lato, posso essere entrambi considerati riserve di valore. Ma è l’unica, enorme, differenza a rendere a dir poco prematura l’etichetta di “oro digitale” per Bitcoin.
Bitcoin esiste da poco più di 15 anni e si è diffuso realmente solo negli ultimi 10 anni circa. In questo lasso di tempo, ci sono stati relativamente poche occasioni per testare la resilienza del valore dei Bitcoin, in particolare la pandemia del 2020 e lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022 e, in entrambi i casi, Bitcoin non si è affatto comportato da bene rifugio, perdendo percentuali notevoli del proprio valore (oltre il 50% nel primo caso, circa il 60% nel secondo caso). Ad oggi, quindi, non ha una storia, un track record come si direbbe a Londra, che deponga a favore della sua affidabilità e stabilità, caratteristiche essenziali per una riserva di valore o “bene rifugio”.
Per contro, l’oro è usato come riserva di valore da circa 3000 anni. Non solo istituzioni private, ma interi stati hanno da secoli le casse piene di monete e lingotti d’oro a garanzia dei loro debiti. Si tratta di una convenzione, esattamente come nel caso dei Bitcoin, ma una convenzione che ha alle spalle 3000 anni di conferme e prestazioni rassicuranti, contro i 10 anni sulle montagne russe dei Bitcoin. Far finta che questa differenza sia irrilevante significa stravolgere il significato di “bene rifugio”, con dolo.
Per finire, tra definizioni azzardate e teorie fondate solo su belle speranze, vogliamo pubblicare il seguente grafico dei prezzi che mette a confronto l’andamento di Bitcoin e quello di un ETN a leva 3 sul Nasdaq 100 nei 4 anni conclusisi il 1° marzo 2025.

Come si può vedere, l’andamento è stato straordinariamente simile, con un ritorno finale praticamente identico (intorno all’85%). Abbiamo forse scoperto che Bitcoin è in realtà il nuovo Nasdaq 100 a leva 3?
Per approfondire

“Intento del libro è quello di presentare alcuni aggiornatissimi dati di ricerca in grado di fornire una fotografia del risparmiatore e investitore italiano, offrendo tra l’altro indicazioni sulle responsabilità e le scelte che fanno capo ai vari membri della famiglia, sulle conoscenze economico-finanziarie della popolazione, ma anche e soprattutto sul ruolo dei beni rifugio – e dell’oro in particolare – nell’ambito del portafoglio di investimenti delle famiglie.”

“Un libro che insegna a conoscere e sfruttare i cicli che governano i mercati finanziari. Tutti sanno che i mercati salgono e scendono, ma quand’è il momento di tirarsene fuori e quando invece è meglio aspettare?”