
La domanda può sembrare provocatoria, ma come vedremo in questo articolo, viene davvero da chiedersi perché così tanti esperti di finanza facciano finta (speriamo per loro) di non capire il mercato immobiliare, scegliendo dati ad hoc (cherry picking) per dimostrare quanto sia inutile, o persino dannoso, investire in immobili.
Come accennato nel precedente articolo dedicato al mercato immobiliare, una delle principali critiche mosse agli investimenti immobiliari riguarda la presunta incapacità delle quotazioni degli immobili di compensare l’inflazione. In sostanza, un immobile acquistato a 100 oggi, fra qualche anno varrà meno di 100 (attualizzati e al netto dell’inflazione). Ovviamente non possiamo prevedere il futuro, ma diamo un’occhiata ai dati che vengono utilizzati per supportare questa tesi.

Il grafico precedente mette a confronto i valori reali medi degli immobili in Italia dal 1990 al 2020. I dati dal 2020 al 2025 non sono presenti nel grafico, ma confermano una perdita di valore reale degli immobili in Italia negli ultimi 35 anni. Come si può vedere, se avessimo acquistato un immobile a 100 nel 1990, nel 2020 (ben 30 anni dopo) l'avremmo venduto a 95, considerando l'inflazione. Sarebbe andata meglio se l'immobile lo avessimo acquistato a Roma o a Milano, ma anche un 25% scarso di rendimento reale in 30 anni può considerarsi irrilevante, rispetto alle alternative disponibili. Quindi, concludono i detrattori degli investimenti in immobili, che senso avrebbe immobilizzare capitali importanti, perdere tempo e serenità nella gestione attiva di un immobile, per poi ottenere un rendimento infinitesimale e del tutto teorico? Se nel 1990 avessimo investito l'equivalente di 100 euro in un portafoglio 60/40 (azionario globale/obbligazionario globale), oggi avremmo in tasca quasi 1.000 euro! Di cosa stiamo parlando?
Iniziamo col ricordare che stiamo considerando dati aggregati, che includono quindi immobili di ogni tipologia (dalla villa con piscina alla soffitta riadattata a monolocale e senza servizi interni), in stati manutentivi di ogni genere (dal nuovo appartamento in classe A4 al rudere di campagna con i topi che scorrazzano sul pavimento), in zone molto differenti tra loro (dal centro di Milano con vista Duomo al paesino di montagna isolato da una frana 60 anni fa e rimasto semiabbandonato da allora). Già questo dovrebbe farci riflettere sulla validità di dati così generici. In fondo, vorremmo investire in 1 immobile, non in tutto il mercato immobiliare italiano.
Ad ogni modo, vogliamo stare al gioco e dimostrare che, in ogni caso, le conclusioni che vengono solitamente tratte da grafici come il precedente sono quanto meno parziali e fuorvianti.
Prima di tutto, chiediamoci se ha senso mettere a confronto l'investimento in un immobile con un investimento finanziario in strumenti quotati. Rispondono alle stesse esigenze? Mirano a raggiungere gli stessi obiettivi?
Perché, se l'obiettivo è massimizzare la crescita del capitale, nessuno può mettere in dubbio che, almeno negli ultimi 50 anni, un investimento finanziario in un portafoglio opportunamente diversificato avrebbe dato risultati inequivocabilmente migliori rispetto all'acquisto di un immobile.
Ma l'obiettivo di un investimento immobiliare non è (o non dovrebbe essere) questo: si investe in un immobile per proteggere il proprio potere d'acquisto e, nel frattempo, incassare una rendita costante data dagli affitti (al netto di tutte le spese).
Un investimento immobiliare è quindi più simile al dividend investing, ovvero l'investimento in azioni che pagano dividendi, così da generare un flusso di cassa costante. E, se è davvero così, che senso ha parlare di quotazioni immobiliari senza tener contestualmente conto dei rendimenti da locazione?
Vediamo quindi se riusciamo a trovare qualche somiglianza tra mercato immobiliare e dividend stock (azioni che pagano dividendi, appunto).

Nell'immagine precedente abbiamo messo a confronto l'andamento negli ultimi 18 anni circa di due ETF a distribuzione: uno con dividend stock globali (in arancione) e uno con azioni del settore immobiliare che pagano dividendi (in blu). La scelta di questi due specifici ETF è stata dettata più dalla disponibilità dei dati che da ragioni finanziarie più sofisticate. Al di là dell'evidente cherry picking, quel che ci interessa è vedere quanto sia stato simile l'andamento dei due ETF a distribuzione senza reinvestire i rispettivi dividendi. E quella che si vede nel grafico è la variazione del prezzo corrente dei due ETF, non il prezzo attualizzato tenendo conto dell'inflazione, altrimenti il risultato sarebbe stato decisamente più negativo. Più precisamente, sarebbe vicino a un 35% di perdita in termini reali, persino più della perdita di valore reale degli immobili in Italia nello stesso periodo (circa 30%).
Ma allontaniamoci dall'azionario e vediamo se le cose cambiano con un altro asset solitamente usato nella finanza personale per garantire un flusso di cassa costante: i titoli di stato o obbligazioni governative. Abbiamo esaminato il controvalore reale di un investimento in un ETF diversificato di titoli di stato europei (Xtrackers II Eurozone Government Bond UCITS). Negli ultimi 35 anni avrà fatto meglio degli immobili italiani?

La risposta è sorprendentemente no! L'ETF ha a malapena mantenuto il suo valore reale negli ultimi 35 anni e bisogna assolutamente sottolineare che il grafico tiene conto anche di 35 anni di cedole reinvestite senza pagare tasse, trattandosi di uno strumento ad accumulazione. Inoltre, il controvalore dell'ETF, qualora volessimo venderlo, sarebbe soggetto a tassazione della plusvalenza, quindi il valore reale residuo sarebbe sensibilmente inferiore, mentre se vendessimo un immobile dopo 35 anni non pagheremmo tasse, a volte nemmeno spese di agenzia. Insomma, anche supponendo che 35 anni di affitti del nostro "immobile medio" siano a malapena bastati a compensare tasse e spese (rendimento zero), l'investimento immobiliare vincerebbe a mani basse rispetto all'investimento obbligazionario diversificato e con una volatilità apparentemente inferiore.
Adesso, però, vorremmo provare a fare una simulazione un po' più realistica. Consideriamo un immobile da reddito acquistato nel 1990 al prezzo equivalente di 100.000 euro, affittato per 10 mesi all'anno (per tenere conto di eventuali periodi sfitti e mancati pagamenti) con un rendimento netto del 3% (la media nazionale è del 3,1%). Il rendimento netto effettivo sarà quindi del 2,5% annuo, in virtù dei soli 10 mesi di affitto. Per mantenerci in termini reali, calcoleremo la rendita annua basandoci sul valore reale dell'immobile anno per anno. Supponiamo anche che, come sarebbe saggio fare, la metà della rendita netta finisca in spese correnti, mentre l'altra metà venga reinvestita annualmente in un portafoglio 60/40 (azionario globale/obbligazionario globale) identico a quello nominato in precedenza in questo articolo. Partendo da un capitale iniziale immobilizzato di 120.000 euro (stimiamo 20.000 euro di spese e tasse di acquisto), quanto ci troveremmo per le mani oggi, in termini reali?

Ci ritroveremmo con un patrimonio di circa 200.000 euro totali in termini reali! Più del 65% di crescita reale in 35 anni rispetto ai 120.000 inizialmente immobilizzati.
E questo senza considerare quanto segue:
- Un rendimento netto del 3% annuo è davvero scarso, indice di un investimento poco oculato. L'obiettivo, quando si valuta un investimento immobiliare, dovrebbe essere almeno tra il 4 e il 5% netto. Anche i due mesi all'anno sfitti, equivalenti a quasi 6 anni di affitti non percepiti su 35, sono indicativi di un investimento immobiliare decisamente subottimale.
- Ci siamo regalati una vacanza gratis ogni anno per 35 anni (per completezza di informazione, se avessimo reinvestito tutti gli affitti netti e non solo la metà, il patrimonio finale sarebbe stato di oltre 300.000 euro in termini reali).
- Abbiamo superato fischiettando dot com bubble, crisi dei subprime, COVID e qualsiasi altra iattura abbia colpito i mercati finanziari e non solo, senza nemmeno renderci conto delle fluttuazioni di prezzo del nostro immobile e continuando, quasi sempre, a incassare il nostro “dividendo” mensile.
In definitiva, l'investimento in un immobile “medio” negli ultimi 35 anni avrebbe non solo protetto il nostro potere d'acquisto grazie alla sostanziale stabilità del valore reale dei muri, ma ci avrebbe anche permesso di generare un flusso di cassa copioso e costante, nonostante i parametri stringenti che abbiamo imposto per la nostra simulazione.
Un immobile “medio”, con un affitto “medio”, avrebbe protetto il nostro potere d'acquisto come un ETF obbligazionario diversificato, ci avrebbe fornito un rendimento netto da locazione almeno paragonabile al rendimento netto da dividendi di un ETF globale high-yield (circa 2,5% medio) e ci avrebbe costretti a mantenere una disciplina (no FOMO, no panic selling, più risparmio, diversificazione, dollar-cost averaging, ecc.) che è decisamente più difficile seguire quando si gestiscono solo strumenti finanziari quotati. Di più, i flussi di cassa extra garantiti dall'immobile avrebbero “protetto” anche gli altri nostri investimenti, riducendo la probabilità di dover liquidare asset in caso di crisi lavorativa temporanea, spese impreviste e altre emergenze.
Ovviamente, esiste anche un'altra faccia di questa luccicante medaglia. Un immobile non si sceglie, non si mantiene e non si gestisce da solo e le difficoltà associate possono essere molte, anche spiacevoli. Come già detto nel precedente articolo dedicato a questo tema, l'investimento immobiliare non è adatto a chiunque, ovunque, in qualsiasi momento e, soprattutto, richiede studio e programmazione per ridurre al minimo i relativi rischi.
Anche di questo parleremo in un prossimo articolo. Continua a seguirci su Instagram o iscriviti alla Newsletter per non perderti i prossimi aggiornamenti.
Per approfondire

“Brandon Turner, un investitore che è partito da zero, oggi proprietario di oltre 500 immobili dati in locazione, ha accumulato un’incredibile esperienza nel settore leggendo e studiando tutto ciò che è a disposizione…”

“Un manuale indispensabile che ti aiuterà nella costruzione del tuo business nel Real Estate.”